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Non solo carta bianca. Quattro secoli di tipografia in mostra alla Pilotta di Parma

A la louenge de dieu et de la tres saincte e glorieuse vierge Marie Parigi, Gillet Hardouyn […] e Germain Hardouyn, 1504 - Courtesy Complesso monumentale della Pilotta
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La base di stampa è uno degli ingredienti fondamentali del ‘libro oggetto’ assieme ai caratteri, alle immagini e, ovviamente, all’inchiostro. Un amore, quello per le carte pregiate e le tecniche di impressione, che affonda le radici nel passato per continuare sino ai giorni nostri. Effettivamente, nonostante la digitalizzazione, lettori e collezionisti di tutto il mondo sono tutt’oggi alla ricerca di pubblicazioni raffinate e ciò influenza senz’altro certa produzione editoriale mainstream nonché le creazioni indipendenti, oltre ovviamente i libri d’artista.

Curata da Andrea De Pasquale e visitabile a Parma presso il Complesso Monumentale della Pilotta fino al 26 gennaio, la mostra Non solo carta bianca esplora alcuni materiali alternativi all’odierna e ben nota carta industriale sbiancata, utilizzati per pubblicazioni dal XV al XIX secolo e che includono: pergamena, seta, legno e carta colorata.

Le sezioni nelle quali è organizzata l’esposizione, collocata lungo la suggestiva Galleria Petitot, sono appunto dedicate a questi quattro sostrati. L’idea trae ispirazione dalla collezione del famoso tipografo Giambattista Bodoni ora in dote alla Pilotta: da essa nasce la selezione dei manufatti, partendo da incunaboli quattrocenteschi fino a pubblicazioni di metà ‘800. La curatela valorizza per l’appunto il patrimonio custodito nella Biblioteca fin dalla sua fondazione nel 1769, grazie soprattutto all’operato del primo bibliotecario Paolo Maria Paciaudi, grande amante dei libri stampati.

Quando pensiamo alla carta, la prima immagine che forse viene in mente è quella dei fogli grigiastri dei quotidiani oppure quella dei libri da banco, lisci e omogenei, spesso alquanto anonimi. Tuttavia, l’utilizzo di materiali alternativi per accogliere informazioni risale a tempi remoti, ben prima dell’introduzione della carta industriale a base di pasta di legno nel XIX secolo. Di fatto, l’editoria rivela un’affascinante evoluzione tecnica e culturale, mantenendo sempre vivo l’apprezzamento per le materie prime pregiate e per l’abilità dei maestri tipografi.
Il papiro, considerato il primo supporto per la scrittura di largo impiego, viene utilizzato nell’Antico Egitto già intorno al 3000 a.C.; ottenuto con strati di midollo dell’omonima pianta, risulta leggero ma alquanto fragile, più adatto a climi secchi come quello egiziano rispetto all’europeo. Dal II secolo a.C. la pergamena si impone come alternativa più durevole; ricavata dalla pelle di animali come capre o vitelli, trattata e levigata fino a ottenere robuste membrane, costituisce la base ideale per manoscritti preziosi e documenti ufficiali. Poi, con l’avvento del Medioevo, si diffonde in Europa l’uso della carta fatta di stracci, introdotta in Spagna dagli arabi. Questo supporto, ottenuto macerando cenci di lino, canapa o cotone, rappresenta una svolta: più economico della pergamena e maggiormente versatile del papiro, diviene l’appoggio ideale per i manoscritti e, più tardi, per le prime stampe a caratteri mobili. Dal XV secolo, la carta realizzata specificamente con cotone puro si afferma invece per la sua qualità superiore, rimanendo un’opzione privilegiata per documenti di prestigio e stampe artistiche.
La vera rivoluzione arriva nel XIX secolo, quando si sviluppano i processi industriali utili alla lavorazione della pasta lignea. Intorno al 1840, Friedrich Gottlob Keller idea un metodo per ridurre meccanicamente il legno in polpa, rendendo la carta accessibile a un pubblico sempre più ampio. Questa innovazione, perfezionata con processi chimici come il metodo solfito e il metodo Kraft, abbassa drasticamente i costi di produzione permettendo la diffusione di libri, giornali e altri prodotti su scala globale. Tuttavia, questa tipologia di carta rimane più fragile e soggetta a degrado, oltre a risultare sicuramente più anonima.

L’interesse per copie uniche e tirature limitate realizzate con particolari caratteristiche è attestato già all’inizio del XVI secolo con le ‘aldine’: Manuzio, infatti, produce alcune varianti delle sue edizioni stampando su carta azzurra, una scelta presto imitata da altri editori.
La moda di collezionare pubblicazioni esclusive attraversa i secoli fino a oggi, in Italia e all’estero, segnalando tali pezzi in varie biblioteche. In ‘Non solo carta bianca’ viene testimoniata l’accanita ricerca di questi preziosi esemplari, spingendo numerosi tipografi a produrne poche copie, se non addirittura uniche, spesso donate in occasioni speciali. Di conseguenza, dalla fine del XVIII secolo, non è raro vedere nobili e ricchi intellettuali allestire stamperie private direttamente presso le loro abitazioni. Qui, oltre a realizzarsi produzioni ad hoc, si recuperano tecniche e ricette distintive saggiando – nel clima delle ricerche scientifiche tardo illuministe – l’impiego di nuovi e alternativi supporti, quali la carta colorata o la seta.

La prima raccolta esposta alla Pilotta comprende edizioni su pergamena, che trova nella Biblioteca Palatina uno dei più rilevanti esempi nel panorama italiano. Trattasi di stampati compresi tra la seconda metà del XV secolo l’inizio del XVI – generalmente libri liturgici, edizioni di classici e statuti – nonché alcune pregevoli edizioni bodoniane di fine Settecento e inizio Ottocento.
Rispetto alla carta, la pergamena rappresenta un materiale più prezioso destinato a un pubblico ricercato e dal maggiore potere d’acquisto, talvolta esemplari di dedica degli stessi tipografi. Il supporto offre infatti maggiori possibilità per decorazioni personalizzate ma è anche più difficile a stamparsi, reagendo la pelle all’inchiostro diversamente dalla carta. Tali difficoltà sono evidenti dalle numerose prove ancora conservate, che sottolineano i tentativi attuati per migliorare la resa. Per esempio, veniamo a conoscenza da Giuseppe De Lama, biografo di Bodoni, che quest’ultimo usa qualità diverse – membrana di Roma e pergamena di Baviera – per verificarne la performance in stampa.
In mostra, tra le bellissime opere, una copia di Horae, uso di Roma, raffinato libro d’ore stampato a Parigi intorno al 1505 dal tipografo Guillaume Anabat per Gilles e Germain Hardouyn. Realizzato su pergamena, il volume presenta testi liturgici in latino e francese, accompagnati da incisioni di grandi dimensioni e numerosi tagli decorativi minori. Oltre alla ricchezza iconografica, il libro include un almanacco e scene bibliche.

Per quel che riguarda la stampa su stoffa, in Occidente esiste una lunga storia che affonda le radici nel Medioevo, influenzata da tecniche orientali importate attraverso gli scambi commerciali. Originariamente, queste tecniche sono utilizzate principalmente per decorare tessuti destinati all’abbigliamento e all’arredamento ma successivamente si evolvono per applicazioni diverse. La realizzazione di volumi e incisioni su tessuto è ben documentata soprattutto dalla seconda metà del XVIII secolo, in particolare su seta, raso e taffetà. Si tratta di una tecnica complicata con alto rischio di sbavature e macchie; tra l’altro non è possibile impressionare fronte e retro del medesimo ritaglio, perciò i fogli di seta vengono abbinati successivamente evitando così che si intraveda quanto presente sul lato opposto.
In mostra tre esemplari su seta della collezione bodoniana, oltre a un’incisione di fine ‘600 tratta dal Mantegna, splendido esempio di come il supporto sia adoperato non solo nella stampa tipografica ma pure in quella calcografica.

Sempre dalla seconda metà del Settecento, principalmente in Italia e in Francia, numerosi tipografi indirizzati a un mercato di lusso decidono di stampare anche su carte speciali (di pregio, più fini o di formato inusuale) e di vari colori (soprattutto: blu, verde, giallo, rosa) vendendo i volumi a costi di gran lunga superiori rispetto alle normali tirature. Oltre al più comune azzurro, si riscontra l’utilizzo anche di altre tinte: inserendo pigmenti direttamente nella pasta di stracci, oppure procedendo alla coloritura successiva di fogli bianchi. Una moda citata nel 1834 dall’editore, libraio e bibliografo francese Antoine-Augustin Renouard, il quale si dichiara stupito per l’alto prezzo che in Italia raggiungono i libri su carta colorata, quella celeste utilizzata comunemente per impacchettare lo zucchero (Paolo Sachet, Exploiting Antiquarian Sale Catalogues: A Blueprint for the Study of Sixteenth-Century Books on Blue Paper, in: La Bibliofilía, Vol. 122, No. 3, 2020).

Nel 1841 entrano in Biblioteca Palatina – acquistate dall’allora direttore Angelo Pezzana – le collezioni del conte Filippo Linati e quelle del bibliografo Bartolomeo Gamba, entrambe ricche di rare edizioni su carta tinta. Molti volumi esposti provengono effettivamente dal fondo Gamba e si deve proprio a Pezzana la creazione nella Palatina di una sezione dedicata, che vanta circa 300 esemplari.
Oltre a stampati su verde, rosa, giallo e arancio, si può ammirare una copia su carta azzurra di Torquato Tasso, Rime inedite o disperse – pubblicata a Pisa nel 1831 presso Niccolò Capurro – e La Pervinca. Romanza, stampata a Parma nel 1845. La prima raccoglie poesie attribuite al famoso poeta italiano, molte delle quali precedentemente inedite o considerate perdute. L’editore Capurro, attivo a Pisa nell’Ottocento, è noto per i lavori di alta qualità, spesso edizioni critiche e filologiche di importanti testi letterari. In questo caso, la carta azzurra – oltre a essere esteticamente gradevole – viene utilizzata per conferire un aspetto distintivo e prestigioso all’opera ed è pure considerata più resistente alla luce rispetto a quella bianca, aiutando a preservare meglio il testo. Questa scelta riflette l’attenzione verso la qualità e la presentazione del libro, un aspetto che Capurro cura particolarmente.
La Pervinca è invece opera di un nipote dello stesso Angelo Pezzana, dono esclusivo per il celebre zio, che include una dedica manoscritta sottolineando l’intento personale dell’autore. Pensato come esemplare unico, si distingue per il blu intenso delle pagine e gli inchiostri colorati, con capilettera decorativi, occhietti, e dettagli stampati in oro, rimarcando la maestria tipografica parmigiana dell’epoca.

Nel XVIII secolo si assiste anche all’impressione su supporti speciali, aggreganti vegetali diversi: malva, carciofi, ortiche, cardo, paglia, gelso, bambù e altre piante esotiche, nonché cortecce di alberi e radici. Nel 1772 in Germania si produce un’opera con 24 campioni di carta fabbricata con più materiali, tra cui: trucioli, segatura di faggio e salice, muschi, gambi di luppolo, vite e canapa. Un altro lavoro significativo viene realizzato nel 1784 in Francia da Pierre Alexandre Léorier de L’Isle, adoperando carta contenente malva e carta ottenuta con corteccia di tiglio.
La sperimentazione in tale ambito è attestata almeno in un caso anche in Italia, e con questo esempio illustre chiude l’esposizione. Si tratta dell’Album de’ tentativi su fogli lignei d’invenzione del conte Stefano Sanvitale, che racchiude l’ingegno creativo e scientifico del conte Stefano Sanvitale (1764-1838). Terminato nel 1830, l’album è rilegato in pelle verde e conservato nella sua custodia originale. Al suo interno, montati su 28 fogli di carta blu, erano conservati (prima del restauro) altrettanti fogli lignei utilizzati come supporto per disegni a penna, matita, acquerelli, litografie, incisioni, miniature, testi manoscritti e ricami. In mostra è visibile l’unico foglio ligneo su cui è stato impresso un testo a stampa.
Sanvitale, membro di una delle più illustri famiglie parmigiane, è un precursore nell’esplorazione di materiali innovativi per la produzione di supporti scrittori, spinto dal desiderio di emulare l’antica carta di papiro egiziano. Tra i suoi esperimenti più riusciti vi è appunto l’impiego delle foglie dell’agave americana, compresse e lavorate in modo da ottenere un materiale straordinariamente simile al papiro antico. Questa ricerca si intreccia pertanto con l’egittologia, in particolare grazie ai contatti con studiosi come Ippolito Rosellini. Le sue invenzioni vengono utilizzate per creare facsimili di papiri antichi tra cui il celebre Papiro di Amenothes, suscitando ammirazione per la loro accuratezza.

Ogni supporto per la stampa, dal papiro alla carta moderna, ha risposto soprattutto alle esigenze del suo tempo, lasciando una traccia tangibile dell’evoluzione tecnica e artistica umana. Tuttavia, ad oggi, sebbene la carta industriale domini gran parte del mercato editoriale, il fascino della pergamena, della carta di cotone e di altri materiali continua a persistere, attestandone la bellezza atemporale.
Celebrata nella mostra alla Pilotta, questa storia delle pagine sottolinea il ruolo di Parma come centro di innovazione tecnica e culturale. Essa non solo racconta i progressi tecnologici, riflesso dei mutamenti sociali e culturali, ma anche dell’amore sempre vivo per la bellezza e per la maestria dell’arte tipografica.


NON SOLO CARTA BIANCA. Supporti speciali di stampa in quattro secoli di tipografia nelle collezioni della Biblioteca Palatina
A cura di Andrea De Pasquale
17 novembre 2024 – 26 gennaio 2025
Complesso monumentale della Pilotta, Parma

www.complessopilotta.it
@pilottaparma


Immagine di copertina: A la louenge de dieu et de la tres saincte e glorieuse vierge Marie Parigi, Gillet Hardouyn […] e Germain Hardouyn, 1504 – Courtesy Complesso monumentale della Pilotta


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