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Campari fa le cose in BOLD!

BOLD! Declinazioni tipografiche Campari: Munari, Depero e oltre, Installation view, 2024, Sesto San Giovanni - Courtesy Galleria Campari, photo Marco Curatolo
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Già il titolo della mostra racchiude in sé un universo di significati: da un lato celebra la potenza tipografica del marchio, dall’altro racconta l’intreccio di tradizione e innovazione di Campari, rivelando una visione che non smette di guardare avanti, verso un futuro in continua evoluzione.
Galleria Campari celebra la sua eredità grafico-artistica con questa esposizione, aperta al pubblico fino al 30 giugno 2025 nella storica sede di Sesto San Giovanni. Accompagnata da svariati eventi collaterali, vuole essere la testimonianza di un’identità aziendale che da sempre unisce creatività e tendenze contemporanee, storia e avanguardia.

Curata da Marta Sironi e allestita da Studio FM e Corrado Anselmi Architetto, BOLD! si innesta nella Galleria per narrare il progresso visivo e le declinazioni del logo Campari a livello tipo- grafico, oltre che nel disegno di prodotto e industriale. Pertanto, dispiega un eterogeneo repertorio di opere approfondendo la relazione tra immagine e parola, tra tipografia e identità di marca. Oltre a opuscoli, pagine pubblicitarie, poster e bozzetti, la mostra si completa con elementi della collezione permanente: spot, oggetti d’arredo e supporti legati al rituale dell’aperitivo, riunendo artisti che hanno plasmato la storia del disegno grafico e d’interni.
Non esclusivamente nomi storici quali ad esempio Carboni, Depero, Munari, Nizzoli e Tofano; come specificato nel titolo (“e oltre”), quella di Campari è una storia che non si arresta al XX secolo, lo sguardo sempre attento alla contemporaneità. Di conseguenza sono in vista contributi recenti nel campo della progettazione d’interni: i lavori di Dodo Arslan, Markus Benesch e Matteo Ragni, tra i vari. Presente anche un’installazione multimediale a fine percorso, che narra la storia visiva della marca attraverso pubblicità televisive, installazioni interattive e proiezioni. 

L’aperitivo milanese “fa moda” da tempo; un appuntamento fisso per molte persone non relegato per forza al fine settimana. Anzi, per godere di un buon brindisi e accompagnare le chiacchiere con amici e colleghi, l’aperitivo è buono prima di qualsiasi cena.
Il termine ‘aperitivo’ deriva dal latino aperitivus (“che apre”, appunto); a stimolare il senso di fame è difatti il gusto amaro piuttosto che quello dolce, e si tratta di una scoperta più antica di quanto si immagini. Le prime testimonianze storiche in tal senso risalgono addirittura al IV secolo a.C. e l’opera specifica – che descrive appunto l’uso terapeutico del vino aromatizzato – è il De Diaeta di Ippocrate. 
L’aperitivo come lo intendiamo oggi si sviluppa però più tardi, intorno alla fine del ‘700, quando l’enologo Antonio Benedetto Carpano crea il Vermouth a Torino, rifacendosi proprio al vino citato da Ippocrate. Sempre in Piemonte ma a Novara vede la luce il Bitter, concepito da Gaspare Campari nel 1860, anch’esso a base di erbe e così chiamato proprio per il sapore amarognolo.

Gli aperitivi diventano dunque gli attori principali delle serate cittadine e, sul finire del XIX secolo, l’usanza di bere qualcosa prima dei pasti si comincia ad accompagnare con qualche stuzzichino. In questo contesto si definisce il cerimoniale che conosciamo, diventando talora un’alternativa alla cena sulla scia dell’happy hour statunitense. Un vero e proprio “rito sociale”, dunque, che affronta diverse trasformazioni di costume e di stile, toccando la grafica delle etichette come pure tutta l’oggettistica correlata: poster, bicchieri griffati, sottobicchieri, porta-ghiaccio, tovaglioli e arredo, fino agli spot radio, agli stacchetti televisivi e alle odierne campagne sui social.
La modernità di Campari emerge proprio dalla varietà dei media utilizzati nel tempo, vantando manifesti, insegne e partnership prestigiose. Da quando Davide Campari prende le redini dell’attività, riesce effettivamente a intessere l’identità di marca con l’arte e il design di tendenza, trasformando il prodotto in una vera e propria icona culturale.

Come detto, la storia aziendale comincia a Novara nel 1860 ma si sposta presto a Milano, tra Galleria Vittorio Emanuele II e Sesto San Giovanni: difatti nel 1867 apre il Caffè Ristorante Campari mentre nel 1915 inaugura il Camparino. Se la Galleria rappresenta il centro della prima attività commerciale milanese – della consumazione e della socialità – nasce presto l’esigenza di una sede produttiva più ampia e capace, ed è per l’appunto nel comune di Sesto (all’epoca borgo agricolo) che Campari apre il suo stabilimento nel 1904.
È Gaspare Campari a inventare la ricetta del Bitter e a portare la famiglia nel capoluogo lombardo, ma è il figlio Davide che incarna il ruolo dell’impresario lungimirante, investendo soprattutto su Bitter e Cordial. Sia la storia imprenditoriale sia quella artistico-comunicativa vengono edificate su queste due bevande; la prima – per stimolare l’appetito – dal caratteristico colore rubino, la seconda – per facilitare la digestione – di un bel giallo dorato.
Fino alla metà degli anni ’90 dello scorso secolo, quando il Cordial esce di produzione, le grafiche pubblicitarie amano giocare soprattutto sulle contrapposizioni cromatiche identificative dei due drink. Dal XIX secolo ad oggi, le nuance scarlatte sono state esplorate e sfruttate in modo continuativo, presentate addirittura in modo scientifico nel 2015 in una collaborazione con la Nakai Chemicals, celebre ditta giapponese. Dai memorabili poster di Dudovich e di Hohenstein fino agli spot televisivi più recenti, il rosso distingue inequivocabilmente il Bitter, incarnandosi nello slogan Red Passion. Per questo, si ricordano le creazioni dei registi Tarsem Singh (1998 e 2005) e Joel Schumacher (2011) nonché la più recente campagna dedicata alla mixology ‘Red Hand’, diretta da Stefano Sollima (2018).
Lo stesso poster di BOLD! sfoggia il titolo di un vermiglio squillante, in grassetto con scritte blu, e l’allestimento di molte sezioni nella Galleria riprende questo acceso contrasto cromatico.

A parte l’iconica tinta, sono i logotipi stessi ad attraversare stili e decenni, inizialmente diversi ma sempre riconoscibili, dal Liberty alle Avanguardie passando per il Déco e la Pop Art fino al Postmodernismo e finalmente ai giorni nostri. Nonostante il logo Campari trovi nella stampa innumerevoli declinazioni che lo rendono sempre attuale, appare quasi inalterato sulle etichette, sfoggiando ancora gli originali caratteri ottocenteschi. Persino nelle edizioni speciali – le Art Label, che citano famose grafiche del passato, ad esempio quelle del 2013 con le reinterpretazioni di alcuni poster di Depero – la scritta Campari rimane fedele.
Emblematico dell’affezionato rapporto tra l’azienda e il suo logo è anche il manifesto disegnato da Fisa nel 1948, giocato sulla relazione tra la carta d’imballo, l’etichetta e il marchio; quasi dieci anni dopo, nel 1957, l’autore riprende l’idea ma al rovescio: l’etichetta sollevata mostrando la bottiglia.

Centro del percorso espositivo è la campagna pubblicitaria di Bruno Munari datata 1964, affissa nella prima linea metropolitana milanese – la famosa ‘Linea Rossa’ – in occasione della sua apertura. Il designer milanese propone una soluzione singolare: sullo sfondo vermiglio, identificativo del prodotto e della metropolitana, non vi sono bottiglie o personaggi bensì i loghi “Campari”, oltre a “Cordial” e “Bitter”, scomposti e riassemblati in un collage asimmetrico, dall’effetto dinamico e comprensibile a colpo d’occhio: perfetto per il frenetico ambiente della metro. Un manifesto memorabile e funzionale anche per altre ragioni, perché frazionabile e modulabile senza risultare rigido né poco leggibile; funge così da adeguato contrappunto visivo al rigoroso progetto di Bob Noorda per la segnaletica della ferrovia sotterranea.
Sulla sua ‘Declinazione grafica del nome Campari’ l’artista torna successivamente negli anni ’80, sviluppandola in due diverse varianti grafiche: ‘Limiti di leggibilità di un logotipo’ e ‘Movimenti dinamici di un logotipo’, quest’ultima ottenuta usando la fotocopiatrice come medium creativo.
Un’intera sezione della mostra viene dedicata all’opera grafica di Munari, esibendo anche alcune sue illustrazioni da ‘L’anguria lirica’ (1934) oltre alle copertine de ‘Le macchine inutili’ (1942). 

In aggiunta a quelli di Munari vengono presentati i lavori di altri artisti rilevanti, ben noti agli addetti ai lavori, forse meno alla massa, che hanno contribuito a rendere le pubblicità Campari vere e proprie opere d’arte. Angelo Migneco accosta lettering calligrafici e geometrici a illustrazioni ironiche, ottenendo composizioni vivaci e accattivanti; George Guillermaz catapulta il prodotto nel mondo dello sport e della quotidianità, con un linguaggio grafico incisivo e indelebile. Giorgio Muggiani ambienta le sue composizioni in contesti eleganti e mondani, mentre Primo Sinopico – che per la Campari illustra interamente il quarto Cantastorie – disegna omini e bottiglie in spazi ampi dalle prospettive audaci. Marcello Nizzoli appoggia il Campari su vassoi e tavoli, creando nature morte dal sapore misto, fra cubismo e Nuova Oggettività, quando Nicolay Diulgheroff carica le figure con un dinamismo cubo-futurista, richiamando le opere di Cassandre e di Léger. Infine, Giorgio Dabovich trasforma le scritte in architetture sperimentali similmente ad alcune visioni deperiane.

Proprio a Fortunato Depero spetta un ruolo di primo piano, collaborando con Campari dalla metà degli anni Venti fino al 1936. Il rapporto che l’artista mantiene con la réclame è emblematico: se la pubblicità viene vista generalmente di buon occhio da tutti i Futuristi, Depero in particolare la sostiene fermamente fino a diventare il più autorevole cartellonista del gruppo. Non solo, egli trova il modo di condensare il suo punto di vista redigendo il ‘Manifesto della poesia pubblicitaria’ assieme a Giovanni Gerbino e Franco Casavola.
Il legame tra l’artista di Rovereto e la Campari comincia già nel 1924, favorito dall’amico Fedele Azari; da quel momento in poi sono moltissime le composizioni in cui Depero si destreggia, integrando illustrazioni e testo in creazioni già potentissime nelle pagine pubblicitarie stampate col solo nero, memorabili sui manifesti cromolitografici.
Infatti Depero dispone forme e parole in modo da esaltarne il significato e l’effetto; la sua forza sta nell’apparente semplicità, giocando abilmente con pieni e vuoti, bianco e nero, figure in primo piano e sfondo. Le linee nette e le tinte piatte rendono le sue grafiche facilmente riproducibili sulla carta, una essenzialità che ricorre anche nel design di prodotto; la famosa bottiglietta del Campari Soda, lasciata senza etichetta così da far risaltare il colore della bevanda e la stampa a rilievo del marchio. Con l’ideazione della monodose, Depero crea probabilmente la sua opera più significativa per l’azienda milanese. L’artista la abbozza già in un suo disegno del 1925, noto come ‘Pupazzo che beve il Campari soda’: una sorta di burattino che sorseggia da una bottiglia conica. L’anno seguente segue una scultura in legno verniciato e poi un manifesto, sul modello dello schizzo precedente.

Chiudono il percorso espositivo di BOLD! due figure d’eccezione, Pino Tovaglia e Lucia Pescador. Il primo – che collabora con Bruno Munari, Bob Noorda e Roberto Sambonet al logo della Regione Lombardia – tra il 1964 e il 1974 guida un gruppo sui caratteri tipografici alla Nebiolo di Torino, e sperimenta con la sovrapposizione delle lettere; si occupa inoltre di pubblicità e di impostazione grafica per riviste. La seconda, Lucia Pescador, esplora e aggiorna lavori del passato, scegliendo di utilizzare la mano sinistra per disegnare. L’artista s’immerge così nella reinterpretazione delle avanguardie partecipando al progetto editoriale ‘Depero e la Casa del Mago’, pubblicato da Topipittori. Nel libro, destinato a un ampio pubblico, Pescador investiga l’arte di Fortunato Depero con illustrazioni che riscrivono l’atmosfera magica della Casa d’arte futurista, che mirava a superare i tradizionali confini tra le discipline artistiche.

Similmente, BOLD! racconta la storia grafica del marchio Campari non tralasciando di evidenziarne tutti i campi di applicazione. In questo senso, l’approccio interdisciplinare dell’azienda si svela conforme al pensiero di molte avanguardie artistiche del XX secolo, sicuramente del Futurismo, cercando di integrare linguaggi diversi e sviluppando progetti in cui le arti visive, la letteratura, la musica, il teatro, la danza e l’architettura si mescolano per dare vita a un’esperienza unitaria e multisensoriale.


BOLD! Declinazioni tipografiche Campari: Munari, Depero e oltre
A cura di Marta Sironi
14 novembre 2024 – 30 giugno 2025
Galleria Campari, Viale Antonio Gramsci 161 – Sesto S. Giovanni

www.campari.com
@galleriacampari


Immagine di copertina: BOLD! Declinazioni tipografiche Campari: Munari, Depero e oltre, Installation view, 2024, Sesto San Giovanni – Courtesy Galleria Campari, ph Marco Curatolo


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