Scroll for the English version
Alexandre Brulex è un artista e stampatore il cui lavoro si muove tra grafica, illustrazione e stampa sperimentale, intrecciando svariate influenze alle radici più viscerali della scena underground francese e internazionale.
La sua produzione evoca mondi oscuri e visionari, che richiamano a tratti le stampe giapponesi yōkai, altre volte l’immaginario medievale.
Brulex trova uno dei suoi punti di riferimento nella casa editrice Le Dernier Cri di Marsiglia, fondata da Pakito Bolino e celebre per le sue edizioni serigrafate, estreme e caratterizzate da un’estetica cruda e disturbante.
Parallelamente alla sua ricerca grafica, Brulex ha sviluppato un prolifico percorso nell’editoria indipendente, realizzando libri e stampe d’artista. La sua produzione si distingue per l’approccio artigianale e per la volontà di trasformare i suoi disegni e le sue storie in oggetti unici, spesso giocando con formati innovativi.
Nel seguente scambio di domande e risposte, Alexandre ci racconta la sua visione dell’editoria e il ruolo della manualità e della sperimentazione nel suo lavoro.
I tuoi progetti richiamano la subcultura, la poster art, le stampe giapponesi e il tatuaggio tradizionale. Dal mio punto di vista, trasmettono una forte energia simbolica, vicina all’arte esoterica, medievale e folklorica. Ti riconosci in questa lettura?
Sì, le osservazioni sono corrette, anche se – ai miei occhi – il mio universo rimane più complesso. Mi lascio ispirare dal mondo che mi circonda, una combinazione di molteplici riferimenti e influenze: l’art brut,l’arte popolare, la pittura antica e moderna, il disegno contemporaneo, l’incisione, la religione, il tatuaggio e via dicendo, ma al di sopra di tutto restano le mie radici underground.
Ogni mio disegno è un frammento di un mondo fantastico che costruisco poco alla volta; un immaginario simbolico fortemente correlato alla trasmissione di un messaggio mistico e spirituale. Nei miei miti personali, immagino divinità maestose che governano l’ordine (o il disordine) delle cose e che ci guidano attraverso un mondo illusorio, solo in apparenza reale.
Amo reinterpretare temi mitologici, creando figure talvolta divine, altre umane, mostruose o animali. Questi ultimi (gli animali) e più in generale la natura, sono tra i miei soggetti preferiti.
Nello specifico, quali artisti e stampatori consideri riferimenti importanti?
Nel mio percorso professionale sono stato esposto a numerose influenze visive, ma qui vorrei parlare solo di quelle che hanno plasmato i miei lavori più recenti. Personalmente, un punto di riferimento fondamentale è la casa editrice Le Dernier Cri di Marsiglia, grazie alla quale ho scoperto moltissimi artisti che continuano a nutrire la mia ricerca. Anche il mondo del fumetto alternativo – con autori come Charles Burns e Blexbolex – mantiene per me un ruolo cruciale. Più in generale, mi lascio guidare da sogni e visioni che si accavallano nella mia mente. Infine, trovo molto stimolanti i festival di microeditoria, la cui effervescenza contribuisce ulteriormente ad alimentare il mio immaginario.
Alcuni dei tuoi lavori – ad esempio il pop-up book co editato con Editions A Mort – sono inusuali nel formato. Cosa ti piace esplorare nel libro in quanto oggetto?
Amo le edizioni stampate e sono da sempre affascinato dalla loro realizzazione. Probabilmente questo interesse nasce dal lavoro di mia madre come archivista: grazie a lei ho potuto osservare da vicino volumi rari, un’esperienza che ha segnato profondamente il mio rapporto con i libri. Questi ultimi, ai miei occhi, possono costituire vere e proprie opere d’arte, in quanto rari o per l’estetica ricercata. Con le mie creazioni desidero appunto realizzare manufatti unici e originali. In inglese, la nota espressione Do It Yourself (DIY) descrive perfettamente il mio approccio editoriale e ne rappresenta l’essenza. Un esempio emblematico in questo senso è proprio il mio pop-up book, un progetto che mi ha permesso di sviluppare i disegni in senso tridimensionale. La realizzazione è stata senza dubbio complessa, richiedendo competenze tecniche avanzate e molta pazienza, ma il risultato ha ripagato ogni sforzo.
In generale, la cartotecnica è una sfida impegnativa, quasi masochista. È necessario affrontare numerose prove e prototipi, adattando i disegni al formato prima di procedere con la stampa; solo dopo si possono assemblare i vari elementi e, infine, passare alla rilegatura. Ogni fase richiede un’enorme quantità di tempo, ma proprio questo aspetto rende il progetto ancora più affascinante, creando autentici artefatti grafici.
Quali tecniche di stampa utilizzi più frequentemente e per quale motivo?
Nella mia pratica artistica, disegno e stampa sono inscindibili. Il mio approccio potrebbe sembrare quasi ossessivo, tanto questi due elementi fanno parte della mia quotidianità. Dedico infatti la maggior parte del tempo a disegnare, sviluppare nuove idee e lavorare alle prossime edizioni: un vero e proprio “motore mentale” che mi stimola costantemente e sostiene il mio equilibrio psicologico.
La mia tecnica di stampa preferita rimane comunque la serigrafia, anche se talvolta utilizzo pure la pressa tipografica. Ciò che più mi affascina della serigrafia è la libertà che offre: permette di stampare su qualsiasi supporto con pochissimi limiti e questo la rende molto speciale. Allo stesso tempo non manca di difficoltà, dalla complessità della preparazione alla scarsa redditività economica. Paradossalmente, questo dettaglio la rende ancora più intrigante: è una tecnica che va conquistata.
Quale ruolo gioca l’errore nel tuo processo creativo?
Mi piace mantenere il controllo e credo che ciò si rifletta nelle mie composizioni. Essendo un perfezionista, fatico a concedere spazio all’errore, anche se con il tempo sto imparando a considerarlo parte integrante del processo. Tuttavia, benché io ami sperimentare, non è semplice destrutturare un approccio metodico e rigoroso come il mio.
Di solito rifletto a lungo prima di agire; più raramente mi lascio guidare dall’istinto. Inizio sempre con uno schizzo a matita, fondamentale per definire le linee principali e la composizione. Il bozzetto rimane la base di ogni lavoro, perciò gli riservo molta attenzione, modificandolo finché non mi soddisfa appieno. Solo a quel punto passo all’inchiostrazione o alla pittura.
Ti piace collaborare con altri artisti o editori? Come cambia il tuo approccio rispetto a un lavoro solitario?
Ho realizzato diversi libri con altri artisti, illustrato raccolte di poesie e collaborato con editori indipendenti. Lavorare con altre persone permette di esplorare nuove prospettive e di instaurare connessioni significative. Sono esperienze che apprezzo profondamente e che considero essenziali. La collaborazione nasce in genere da un’affinità visiva o intellettuale, che costituisce la base del dialogo e offre uno sguardo diverso sulla propria ricerca. Confrontarsi con un’altra visione implica difatti un esercizio di adattamento, che porta a mettere in discussione le proprie certezze e a evolvere continuamente.
In passato hai lavorato a tempo pieno come graphic designer. Quali sono state le principali sfide che hai incontrato passando a una carriera come artista e stampatore indipendente, al di fuori del mercato istituzionale dell’arte?
Già all’inizio della mia carriera come grafico, ho tenuto ben separata la produzione artistica per “proteggerla” e quando ho deciso di dedicarmi esclusivamente ad essa, ho dovuto riflettere profondamente su diversi aspetti. È essenziale preservare l’autenticità della mia ricerca, senza comprometterla in progetti che non rispecchiano i miei valori.
Certamente l’aspetto economico è il problema più grande e l’espressione “il nervo della guerra” lo descrive bene: è necessario affrontare una battaglia economica per trovare il giusto equilibrio tra ricerca personale e commissioni.
Quale ruolo rivestono la produzione artigianale e le edizioni limitate in un’epoca dominata dalla riproducibilità digitale? Come immagini il futuro della stampa indipendente e del libro d’artista?
In un mondo che sembra cedere al dominio del digitale, rimango un convinto sostenitore dell’autoproduzione e dell’artigianalità. Le intelligenze artificiali assimilano e riproducono in modo meccanico la cultura visiva umana, mentre l’industria editoriale continua a stampare in quantità esagerate. È fondamentale interrogarsi seriamente sul nostro consumo di libri e sull’impatto che l’industria editoriale esercita sull’ambiente.
Il digitale, pur offrendo l’illusione di salvare le foreste, comporta un enorme consumo energetico attraverso i server che inquinano comunque. La produzione artigianale costituisce dunque un’alternativa sensata per ridurre l’eccessivo sfruttamento delle risorse. A mio modo di vedere, costruire un libro raro – in un mondo dove il valore delle cose è sempre più superficiale – rappresenta già una piccola vittoria.
I festival di autoproduzione e microeditoria sono il mio principale canale di distribuzione, permettendomi di incontrare clienti e potenziali distributori. Vendendo anche in librerie e gallerie indipendenti, instauro relazioni di fiducia basate su un’affinità reciproca. Sebbene questo modello non sia sempre economicamente sostenibile, per ora mi permette di mantenere viva la pratica artistica.
Il futuro dell’editoria indipendente è incerto, date le inevitabili difficoltà economiche. Tuttavia, alla luce dei cambiamenti sociali, credo che sia fondamentale tornare a pratiche alternative e meno dispendiose in termini di risorse. Il libro d’artista, in particolare, ha ancora un futuro: la sua rarità e la sua “fisicità” lo rendono prezioso in un mondo in cui i media si stanno smaterializzando e la digitalizzazione avanza imperterrita senza anima.
L’auto-pubblicazione mi ha consentito di diffondere le mie opere attraverso festival in Francia e in Europa: questa libertà rimane essenziale per il mio modo di lavorare.

Alexandre Brulex is an artist and printer whose work moves between graphics, illustration, and experimental printing, intertwining various influences with the most visceral roots of the underground scene. His production evokes dark and visionary worlds, at times reminiscent of Japanese yōkai prints, and at other times medieval imagery. Brulex finds one of his main references in the publishing house Le Dernier Cri in Marseille, founded by Pakito Bolino and renowned for its screen-printed editions, extreme and characterized by a raw and disturbing aesthetic. Alongside his graphic research, Brulex has developed a prolific career in independent publishing, producing books and artist prints. His work stands out for its artisanal approach and the desire to transform his drawings and stories into unique objects, often experimenting with innovative formats.
In the following Q&A, Alexandre shares his vision of publishing and the role of craftsmanship and experimentation in his work.
Your projects evoke subculture, poster art, Japanese prints, and traditional tattooing. From my perspective, they convey strong symbolic energy, akin to esoteric, medieval, and folkloric art. Do you see yourself in this interpretation?
Yes, these observations are correct, although in my eyes, my universe remains more complex. I draw inspiration from the world around me, a combination of multiple references and influences: art brut, folk art, ancient and modern painting, contemporary drawing, engraving, religion, tattooing, and so on, but above all, my underground roots remain central. Every one of my drawings is a fragment of a fantastic world that I build little by little; a symbolic imagery strongly tied to conveying a mystical and spiritual message. In my personal myths, I imagine majestic deities governing the order (or disorder) of things and guiding us through an illusory world, only seemingly real. I love reinterpreting mythological themes, creating figures that are sometimes divine, sometimes human, monstrous, or animal. The latter (animals) and nature more generally are among my favorite subjects.
Specifically, which artists and printers do you consider important references?
Throughout my professional journey, I have been exposed to numerous visual influences, but here I would like to focus only on those that have shaped my most recent works. A fundamental reference for me is the Le Dernier Cri publishing house in Marseille, through which I discovered many artists who continue to nurture my research. The world of alternative comics—featuring authors like Charles Burns and Blexbolex—also plays a crucial role for me. More generally, I let myself be guided by dreams and visions that overlap in my mind. Finally, I find micro-publishing festivals highly stimulating, as their vibrancy further fuels my imagination.
Some of your works—such as the pop-up book co-edited with Éditions À Mort—are unusual in format. What do you enjoy exploring in books as objects?
I love printed editions and have always been fascinated by their creation. This interest probably stems from my mother’s work as an archivist: thanks to her, I was able to closely observe rare volumes, an experience that profoundly shaped my relationship with books. To me, books can be true works of art, whether because they are rare or due to their refined aesthetics. With my creations, I aim to produce unique and original artifacts. In English, the well-known expression Do It Yourself (DIY) perfectly describes my publishing approach and represents its essence. An emblematic example is my pop-up book, a project that allowed me to develop my drawings in a three-dimensional sense. The process was undoubtedly complex, requiring advanced technical skills and a lot of patience, but the result was worth every effort. In general, paper engineering is a challenging, almost masochistic pursuit. It requires numerous tests and prototypes, adapting drawings to the format before proceeding with printing; only after that can the various elements be assembled, followed by binding. Each stage demands an enormous amount of time, but this aspect makes the project even more fascinating, creating genuine graphic artifacts.
What printing techniques do you use most frequently and why?
In my artistic practice, drawing and printing are inseparable. My approach might seem almost obsessive, given how much these two elements are part of my daily life. I dedicate most of my time to drawing, developing new ideas, and working on upcoming editions: a true “mental engine” that constantly stimulates me and sustains my psychological balance. My favorite printing technique remains screen printing, although I occasionally use the letterpress as well. What fascinates me most about screen printing is the freedom it offers: it allows printing on any surface with very few limitations, making it a truly special technique. At the same time, it is not without difficulties, from the complexity of the preparation process to its low economic profitability. Paradoxically, this challenge makes it even more intriguing: it is a technique that must be conquered.
What role does error play in your creative process?
I like to maintain control, and I believe this is reflected in my compositions. Being a perfectionist, I struggle to embrace error, though over time I have learned to see it as an integral part of the process. However, while I love experimenting, it is not easy to deconstruct a methodical and rigorous approach like mine. I usually think carefully before acting; I rarely let myself be guided by instinct. I always start with a pencil sketch, which is essential for defining the main lines and composition. The sketch remains the foundation of every work, so I give it a lot of attention, modifying it until I am fully satisfied. Only then do I proceed to inking or painting.
Do you enjoy collaborating with other artists or publishers? How does your approach change compared to working alone?
I have created several books with other artists, illustrated poetry collections, and collaborated with independent publishers. Working with other people allows me to explore new perspectives and establish meaningful connections. These are experiences I deeply appreciate and consider essential. Collaboration usually arises from a visual or intellectual affinity, which forms the basis of the dialogue and provides a different outlook on one’s research. Engaging with another vision requires an exercise in adaptation, challenging one’s certainties and constantly evolving.
In the past, you worked full-time as a graphic designer. What were the main challenges you faced in transitioning to a career as an independent artist and printer, outside the institutional art market?
From the very beginning of my career as a graphic designer, I kept my artistic production separate to “protect” it, and when I decided to dedicate myself exclusively to it, I had to deeply reflect on several aspects. Preserving the authenticity of my research is essential, without compromising it for projects that do not reflect my values. Certainly, the financial aspect is the biggest challenge, and the expression “the nerve of war” describes it well: one must fight an economic battle to find the right balance between personal research and commissions.
What role do craftsmanship and limited editions play in an era dominated by digital reproducibility? How do you envision the future of independent printing and artist books?
In a world seemingly surrendering to digital dominance, I remain a staunch supporter of self-production and craftsmanship. Artificial intelligence assimilates and mechanically reproduces human visual culture, while the publishing industry continues to print in excessive quantities. It is crucial to seriously question our book consumption and the environmental impact of the publishing industry. Digital technology, while seemingly saving forests, actually consumes vast amounts of energy through servers that still pollute. Craft production thus represents a sensible alternative to reducing excessive resource exploitation. In my view, creating a rare book—in a world where the value of things is increasingly superficial—is already a small victory. Self-publishing festivals and micro-publishing are my primary distribution channels, allowing me to meet customers and potential distributors. Although this model is not always economically sustainable, it currently enables me to keep my artistic practice alive. The future of independent publishing is uncertain, given the inevitable economic challenges. However, in light of social changes, I believe it is essential to return to alternative and less resource-intensive practices. Artist books, in particular, still have a future: their rarity and “physicality” make them valuable in a world where media are becoming dematerialized, and digitalization advances relentlessly without soul.
Immagine di copertina: Posters serigraphie, Alexandre Brulex – Courtesy l’artista
Abbonati qui ad ArteiN per poter accedere ai contenuti esclusivi!