Fino al 10 febbraio 2025, apre al pubblico la mostra collettiva dell’ottava edizione di We Art Open, il concorso internazionale a cura di No Title Gallery che mira a promuovere l’arte contemporanea e offrire una vetrina di qualità per artisti di tutto il mondo.
Allestita per la prima volta nello spazio di SPUMA – Venice Art Factory a Venezia, l’esposizione finale è a cura di Silvia Previti. Una mostra che come ogni anno amplia le sue mire e diviene momento di dialogo e dibattito, anticipata il 25 gennaio dal talk Seagulls, Screams & Artificial Art: Exploring Synthetic Frameworks In Presenting and Creating Art. Manuela Lietti (Capsule Venice), Vincenzo Alessandria (Quadro Zero), Luca Berta (Venice Art Factory), Silvia Previti (Curatrice) e Albert Wrotnowski (artista vincitore We Art Open 24) hanno infatti conversato con il direttore artistico della rivista internazionale art-frame Herwig Egon Casadoro-Kopp, per comprendere meglio il rapporto tra il mercato dell’arte e le sperimentazioni degli artisti con la tecnologia.
Così dunque si gioca l’esposizione, con un totale di 20 artisti selezionati da una giuria d’eccezione – composta oltre che dagli stessi Wrotnowski (Scultura e Installazione), Lietti (Video, Performance e Nuove Tecnologie), Previti (Fotografia) e Alessandria (HDEMIA), dal curatore Domenico de Chirico (Pittura e Grafica) -, con lo scopo di mettere in scena una pluralità di approcci e di rese, di dinamiche e riflessioni che conducano, mediante l’innovazione del metodo, alla possibile opera, alla consapevolezza di un approccio e di un’immagine che viva, pertanto, di una necessità nuova, o meglio detta, contemporanea.
Frammenti e riferimenti storico-classici convogliano i lavori di Eleonora Rinaldi e Rovers Malaj nella sezione Pittura e Grafica. Se la prima, con l’opera I would let this sweetness kill me, esplora il rapporto tra una figura femminile e una chimera, la seconda comprende la necessità della mescolanza, della mescida ancora in auge e del bisogno di un rapporto tra l’immagine storica, o forse data, con invenzioni di un passato plausibile. Un approccio complesso, che sembra non lontano dalla visione di Pei Shan Lee – per la Sezione Fotografia – il cui lavoro tende a stravolgere le convenzioni e ci parla della vulnerabilità del corpo, ora compreso come parte del legame complesso con la realtà, fino alla sua estensione immaginativa in un ordine atemporale.
Opere, quindi, che nella loro multiformità, anche dettata dagli ambiti di selezione, cercano una strada composta e unitaria tra la necessità dell’oggi (espressa negli approcci come nei metodi) e il rapporto con urgenze reali che troppo spesso vengono declamate a mo’ di macchietta didascalica. Va tenuta a mente, dunque, per la Sezione Scultura, l’opera con cui Federica Sutti trasforma l’ostia eucaristica in una miscela di micro e macro-plastiche, in un misticismo del materiale che si rende più tossico che benefico (Corpus Hominis). Malefatto per un Mundus Patet è opera con la quale Gianna Parisse esterna la piaga, del tutto personale, di luoghi, corpi e storie a partire dalla sua esperienza e in riferimento al terremoto del 2016. Estremi, sicché il fatto individuale possa tradursi nel concepimento generico per una passione che sia universale, che porti, ad esempio, a poter ragionare contestualmente sull’evoluzione necessaria del linguaggio estetico nella nostra epoca, nel riferimento più autentico al divario stesso imposto dalla realtà dei fatti.
A tal proposito, per la Sezione Video, Performance e Nuove Tecnologie, Enrico Antonello, con la sua Points of View, compone led, plexiglass e cablaggi sì da poter riflettere sulla tecnologia e sulla possibile modificazione dei significati e delle parole, oltre che delle immagini. Per la Sezione HDEMIA, Massimo Pugliese quasi sembra andare di pari passo all’approccio di Antonello, focalizzando il suo lavoro sull’importanza della lettura dei segni – e quindi delle immagini e delle opere – proponendo una fruizione lenta, connaturata probabilmente al metodo antico, come l’inchiostro a china e la punta d’argento.
Durante l’evento di apertura sono stati proclamati i vincitori dei premi di ogni sezione: al primo classificato è stato rivolto un contributo in denaro. Oltre ai premi in denaro, alcuni finalisti avranno l’opportunità di esporre le proprie opere in spazi espositivi di rilievo, come SV – Centro Espositivo San Vidal, 10&ZeroUno e Ma Project, quest’ultimo a cura di Quadro Zero.
We Art Open 2025
25 gennaio 2025 – 10 febbraio 2025
SPUMA – Venice Art Factory
Fondamenta S. Biagio 800/R – Isola della Giudecca, Venezia
www.notitlegallery.org
@notitlegallery
Immagine di copertina: Enrico Antonello, POINTS OF VIEW, 2024 – Courtesy CASADOROFUNGHER Comunicazione
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